Il 15 ottobre 1872, poco dopo il sanguinoso conseguimento dell’unità d’Italia,
su proposta del capitano di stato maggiore Perrucchetti nacquero con regio decreto
le prime 15 compagnie di truppe alpine, raggruppate in 4 reparti.
Un corpo che sin dalle origini nasceva come fanteria speciale dell’esercito,
attitudinalmente vocata ad operare in zone di confine montuose, soprattutto –
appunto – l’arco “alpino”.
Altri Paesi presero spunto dall’esperienza italiana:
Il corpo ha meritato nel tempo innumerevoli medaglie al valore e altrettanti monumenti nelle piazze italiane.
Autorevoli scrittori ed intellettuali hanno sempre descritto la naja alpina, non a caso, come una delle più formative esperienze di vita. Abbiamo a disposizione volumi (autobiografici e storici) meravigliosi, a firma di Giulio Bedeschi, di Mario Rigoni Stern, di Gianni Oliva, di Tullio Vidulich.
“Di qui non si passa” fu sin dal 1888 il motto, creato – si tramanda – dal generale Pelloux, di un corpo protetto da San Maurizio martire e destinato a scrivere alcune delle pagine più eroiche della storia militare tricolore.
Già attivi in Eritrea (prima colonia italiana) e poi in Libia (1911-12), nel maggio 1915, all’inizio della prima guerra mondiale, i battaglioni alpini erano saliti a 52, nel 1918 ad 88.
Offrirono alla causa patria, in quel quadriennio di carneficine, ben 35mila caduti e 85mila feriti.
Dopo la guerra d’Etiopia (1935-36) ed una partecipazione volontaria al conflitto civile spagnolo, gli Alpini furono impegnati soprattutto nella tragica campagna di Russia e nella conseguente ritirata flagellata dalla neve.